Comunicazione: più che campagne pubblicitarie vanno effettuate campagne culturali
Si porta con sè una pila di block-notes di diverse dimensioni e qualche orologio-gadgets. Posa tutto sulla cattedra e dopo le presentazioni, per gioco ma neppure troppo, inizia a porre domande. Qualche coraggioso avanza la risposta. Si ritrova, al volo, a seconda della difficoltà del quesito taccuini e orologi. Alle domande successive scatta la gara a chi prima risponde. Il professore aveva catturato molto di più l’interesse dell’allievo: li aveva coinvolti.
Questa fu la prima lezione di Maurizio Terenzi all’Isia (Istituto Superiore Industri Artistiche) di Urbino, 10 anni fà. Gli istituti che sfornano progettisti in ambiti diversi: dalla grafica fino alle meccaniche utensili passando per mobili e ogni altro prodotto. A Urbino ogni anno si presentano tra i 600 e i 700 ragazzi (con punte di mille) per i 25 posti disponibili.
Terenzi insegna comunicazione d’impresa. La stessa materia anche al’Università Europea del Design di Pescara. Cinquantaquattro anni, pesarese, sposato, due figli, a chi gli chiede qual’è il rapporto tra scuola e impresa, dice: “Personalmente mi interessa il discorso di portare casi aziendali reali ai miei studenti. Il vantaggio è doppio: sia per l’istituzione, sia per l’azienda. E questo meccanismo virtuoso avviene attraverso le borse di studio. Io ho la fortuna che oltre ad insegnare lavoro per l’impresa: progetti di comunicazione. Dunque, il filo è questo. La committenza mi chiede un packaging, un’immagine coordinata, un logo. Su un progetto con i ragazzi si forma un grupo di lavoro. E all’impresa si presentano una serie di nuove idee; quella che il cliente sceglie si realizza. Sicuramente su 25 proposte non tutte sono fattibili. Gli studenti non conoscono le tecniche produttive con la conseguenza che i costi sono troppo elevati. La borsa di studio viene suddivisa tra la scuola, i docenti e i ragazzi”.
L’Isolcasa, azienda di San Giovanni in Marignano, è uno dei casi, che cosa avete fatto?
“Stiamo coordinando la loro campagna di comunicazione con una serie di nuovi prodotti attraverso una nuova immagine. Al centro sta la domanda: perchè comprare infissi in pvc, un prodotto vecchio ma poco conosciuto. L’architetto tende al legno, l’albergatore all’alluminio, mentre in Spagna, Grecia e Germania, per gli infissi, è il materiale più utilizzato. Su questa base più che una campagna pubblicitaria si instaura una campagna culturale. E non è un caso che la forza del Made in Italy oltre alla bontà dei suoi prodotti è la sua cultura. Tornando all’Isolcasa, i miei allievi hanno fatto una ricerca sul pvc, sui concorrenti e poi hanno sfornato le idee. La comunicazione prima riguarderà le Provincie e Pesaro e Rimini e poi ci allergheremo al resto dell’Italia”.
Qual’è l’azienda che crea la borsa di studio?
“Innovativa, dinamica, seria. Voglio portare due esempi, entrambi di Pesaro. La famiglia Baldi vende la propria impresa al Gruppo Cremonini. Poi se la ricompra. Opera nel settore carni (alleva e macella) e cash and carry per la ristorazione. Si certificano, fanno corsi all’Istituto Alberghiero; insomma, fanno cultura attrraverso la quale impongono la propria filosofia del lavoro. Un altro esempio è la Curvet, vetro curvato. Sempre con una borsa di studio. Abbiamo studiato una porta di vetro (forata, attraverso l’inclinazione del buco si faceva entrare la luce ma non si poteva vedere dall’altra parte) e alluminio a chiusura scorrevole. Le abbiamo dato il nome, Feng (orientale, perchè nell’immaginario collettivo la si identifica in quei paesi) e poi curato tutto il materiale promozionale, la comunicazione. E tutto questo è stato presentato in multimedia: sempre lavoro dei ragazzi”.
A suo parere che cosa vuol dire fare impresa?
“Camminare e andare avanti facendo continuamente ricerca e sviluppo per competere con la concorrenza. con sè ci vogliono i giovani, mettersi insieme, scambiarsi idee con i colleghi. Solo il reinvestire in tecnologia fa la differenza. I copiatori sono destinati a fallire. Nel solo 2004 a Pesaro hanno chiuso i battenti 100 mobilifici. Però nella crisi c’è la Moretti Compact (camerette) che va bene. L’imprenditore di una certa età non ha nè la cultura, nè la capacità per innovare. Poi ci vuole formazione sul prodotto, sulle tecniche di vendita. dietro ogni passo si cela un discorso culturale.